Di Dott. Giuseppe Sferrazzo, formatore nel nostro Corso “Comunicazione efficace in classe“
Ascoltare è uno dei momenti apparentemente più semplici e istintivi che, di solito, caratterizzano le nostre relazioni.
Quando comunichiamo, pensiamo di poterlo fare quasi in modo inconsapevole.
Diamo per scontato che, per comunicare bene con gli altri, sia fondamentale parlare e magari farlo per primi.
Ma è realmente così?
Cosa significa davvero “ascoltare”?
Quanti tipi di ascolto esistono?
È possibile migliorare questa preziosa competenza?
Definiamo l’ascolto
Ascoltare vuol dire fare qualcosa di “volontario” per coinvolgere i nostri interlocutori e, allo stesso tempo, valorizzarli. È la scelta di anteporre un momento di “presenza”, spesso senza parlare, di fronte ai nostri interlocutori.
Grazie all’ascolto gli altri percepiranno sensazioni come il riconoscimento, l’accettazione, la disponibilità, l’apertura, l’assenza di giudizio.
Il grande psicologo americano, Marshall Rosenberg, padre della Comunicazione empatica (o Comunicazione non Violenta), ha affermato che: “quando gli altri si sentono veramente ascoltati, ogni loro difesa cade (…), il loro corpo cambia e perfino il respiro muta (…) è in quel momento che inizia la vera Comunicazione”.
Le caratteristiche dell’Ascolto
Sembra un’azione “facile” e, per questo motivo, nel corso dei secoli soprattutto il mondo occidentale ne ha smarrito il reale valore e significato.
Ascoltare non è un atto superficiale e richiede una grande concentrazione su quello che è lo stato mentale dell’altra persona.
Per ascoltare davvero è necessario disporsi a farlo con “tutti i nostri sensi” e anche con il corpo… il che significa mettere in atto una presenza di grande qualità, prestando la massima attenzione alla persona o alle persone che parlano.
Questa forma di ascolto viene definita “ascolto attivo”, perché non si fa solo con le orecchie, bensì con tutto noi stessi.
Solitamente gli altri lo percepiscono e ne hanno grande giovamento.
Alcuni suggerimenti su come manifestare “ascolto attivo”:
- Fare domande (possibilmente aperte, così le persone non si sentono forzate)
- Mostrarsi “non giudicanti” e rispettare i momenti di silenzio (quest’ultimo è parte decisiva della Comunicazione)
- Restituire dei feedback verbali e posturali (sorridere se è il caso, annuire, concedere contatto oculare, rispecchiare e rispettare la mimica corporea dell’interlocutore)
Comprendiamo a questo punto la prima, importante differenza tra udire e ascoltare attivamente. Non sono esattamente la stessa cosa.
Udire è solo un atto fisico, superficiale e, in molte situazioni relazionali, noi udiamo solamente con il nostro corpo, ad esempio con le orecchie che sono orientate verso il nostro interlocutore.
Nell’atto di udire può darsi che la nostra presenza mentale non sia rivolta a nessuno, oppure lo è ma in modo superficiale.
Invece quando ascoltiamo attivamente, siamo pienamente coinvolti in ciò che l’altro ci sta proponendo con le sue parole o con i gesti… siamo focalizzati sull’altro da noi.
I nostri interlocutori sentono profondamente il bisogno di essere ascoltati e non solo che qualcuno senta le sue parole.
È una differenza sottile ma molto importante, alla quale è necessario cominciare ad educare ed educarsi.
Come mettere in pratica l’ascolto attivo
Più volte Daniel Goleman, padre dell’Intelligenza emotiva ed autore del libro capolavoro “INTELLIGENZA EMOTIVA”, ha parlato di come l’ascolto sia un elemento “facilitatore” della Comunicazione umana, rendendola davvero efficace e circolare.
Goleman è anche fermamente convinto che le abilità relazionali, siano solo in parte frutto della genetica e, invece, si tratti di competenze che vanno allenate, con semplicità e costanza, anche nella pratica quotidiana di relazione con gli altri.
Ecco di seguito alcuni suggerimenti:
- Non interrompere l’altra persona mentre sta parlando. E non preparare già la tua risposta mentre l’altro ancora deve terminare… questo porterà distrazione alla tua mente
- Concedi feedback costanti anche da un punto di vista verbale, usando spesso formule del tipo: “Si, comprendo… Capisco benissimo… Mi rendo conto della situazione…”
- Quando interagisci con l’altra persona annuisci di tanto in tanto, il tuo corpo è importante per segnalare che “ci sei”
- Attenzione alle posture che assumi, queste possono rendere inutili e insignificanti le tue parole; se incroci le braccia (inconsapevolmente stai trasmettendo un messaggio di chiusura) e magari dici “si sono d’accordo con te…”, il messaggio recepito potrebbe essere non chiaro
- Stabilisci un contatto visivo… non sfuggire lo sguardo dell’interlocutore.
Un contatto oculare efficace dura almeno per il 50% del tempo di ascolto
- Non limitarti ad ascoltare solamente con le orecchie e ricorda che l’ascolto si pratica con tutto il corpo: osserva il comportamento non verbale per coglierne i dettagli e le piccole variazioni come le espressioni facciali, il tono della voce, gli occhi, il colore del viso. Il Non-verbale spesso può dire molto di più delle parole e possono essere punti di forza per comprendere gli stati emotivi dell’altro
- Quando ascolti, metti a tacere il dialogo interno. È molto complicato ascoltare attentamente qualcun altro e la propria voce interiore allo stesso tempo… questo succede quando vogliamo dare subito una risposta e non lasciare spazio alla eventuale riflessione o momento di silenzio
- Usa molto la parafrasi e la riformulazione, riducendo al minimo giudizi e atteggiamenti paternalistici; meglio usare formule tipo: “Mi sembra di capire che… Mi stai dicendo che… Credo di capire che… Se ho ben capito mi dici che…”
- Mostra sempre un autentico interesse per l’altro (attenzione perché le persone si accorgono se li stiamo solamente sentendo) e preferiamo domande aperte, per incoraggiare la Comunicazione
- Usa (e quindi allena) la pazienza e l’autocontrollo che sono componenti fondamentali dell’ascolto… questo ci eviterà di arrivare a conclusioni affrettate che potrebbero bloccare la Comunicazione
- Non cambiare improvvisamente discorso, magari portandolo su una vicenda personale, potrebbe comunicare l’impressione che non siamo centrati sul nostro interlocutore.
Infine, come regola generale, per allenare la nostra capacità di ascolto attivo, ricordiamo sempre di chiederci (e ricordare a noi stessi!):
“Quando siamo noi a parlare o interagire, quanto fastidio ci provoca un interlocutore che non ci ascolta e non si mostra attivo nei nostri confronti?”
Siamo noi in prima persona i protagonisti dell’ascolto e ad ascoltare si impara, anche con fatica e impegno, momento dopo momento.
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